Opera in fuga. La regionalità critica e affettiva in Verso nord di Willy Vlautin
DOI:
https://doi.org/10.13136/2281-4582/2016.i7.458Abstract
La ‘visibilità’ del West in quanto regione è legata, in modo inestricabile, con la sua storia mitica di “nazione di pistoleri”, il racconto epico di una espansione imperiale, il ‘Destino manifesto’, l’eredità della conquista, l’unilateralismo, tutte grandi narrazioni di insediamento e di superiorità. Ne consegue che l’idea di regione, di Occidentalità (Westness), sia distribuita grazie a queste storie: inscritta, ripetuta e costantemente rinnovata, arrivando a costruire un potente regime della rappresentazione o quello che Jacques Rancière chiama “l’organizzazione del sensibile”, riferendosi ai modi in cui sistemi di divisione e i confini definiscono ciò che è visibile e ascoltabile, visto e nascosto, in qualsiasi regime estetico-politico (Rockhill 1). Ma come sostiene Rancière, il ruolo dell’opera d’arte è proprio quello di “riconfigurare la mappa del sensibile interferendo con la funzionalità dei gesti e i ritmi adattati ai cicli naturali della produzione, della riproduzione e sottomissione” (Rancière 39). “La divisione del sensibile” è la lingua ‘principale’ per mezzo della quale possiamo conoscere la regione (il West americano) in quanto parla i suoi miti, fa circolare i suoi discorsi costituiti e approva le sue ideologie. Tuttavia è possibile fare emergere ed entrare in contatto con ciò che Deleuze e Guattari definiscono il “minore” in azione insieme e all’interno del “maggiore”, non in quanto linguaggio subalterno o privo di significato, ma piuttosto come linguaggio che esiste “per fare filare la lingua maggiore…a forza di tendervi tensori” (Deleuze e Guattari 152).
(Tradotto da Roberto Cagliero e Stefano Rosso)
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