Senza mare all'orizzonte: turismo di massa, consumo e spettacolo in A Supposedly Fun Thing I'll Never Do Again di David Foster Wallace
DOI:
https://doi.org/10.13136/2281-4582/2014.i4.470Parole chiave:
letteratura, letteratura Americana, studi AmericaniAbstract
Nonostante la letteratura di mare statunitense sia sovente identificata soprattutto con la grande narrativa ottocentesca, da James Fenimore Cooper a Richard Henry Dana e fino a Herman Melville (e con una regione, il New England, per cui il mare è stato a lungo motore economico primario), l’oceano non ha mai perso il proprio fascino nella cultura degli Stati Uniti, e ancora oggi le geografie d’acqua continuano a essere un terreno fertile di metafore e di paradigmi per leggere e interpretare la cultura e la società. Accanto alla centralità simbolica di uno spazio di terra divenuto ben presto incarnazione delle proiezioni identitarie ed espansionistiche di una nazione “altra” non da ultimo per il suo essere, allo sguardo europeo, oltreoceano, anche i contorni d’acqua di quel mondo si sono prestati fin dagli albori della parabola nazionale a farsi riflesso di volontà e di tensioni politiche, sociali e culturali che hanno profondamente plasmato la storia coloniale prima e statunitense poi.Riferimenti bibliografici
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